Zio Paperone, modello di vita

Da una decina di anni circa ho sviluppato una autentica passione per Zio Paperone.

Tutti conosciamo questo personaggio, ma fuori dall’Italia è considerato quantomeno minore. Il motivo è presto detto: fatta eccezione per Europa e forse Brasile, nel resto del mondo la Disney è presente solo come animazione, non come fumetto, e Zio Paperone compare nei cartoni animati molto di rado. Le sue apparizioni più celebri sono ne Il Canto di Natale e ovviamente in Duck Tales, ma nonostante quest’ultimo abbia avuto un remake, si tratta di produzioni ormai vecchie o alquanto di nicchia.
Di conseguenza non è tra le maggiori celebrità di Disneyland, fa la sua apparizione nelle parate sotto la stagione natalizia (per via del suddetto Canto di Natale), ma raramente lo si vede camminare in giro. Il merchandise che lo riguarda è praticamente inesistente. Il serioso fantastiliardario non è abbastanza divertente da attirare l’interesse dei consumatori.
Eppure in Italia ha un seguito e una collana dedicata. In passato esistevano un paio di gruppi/pagine Facebook, ma cagnare interne all’amministrazione (ovviamente) ne hanno portato la chiusura.

Bisogna premettere un aspetto fondamentale: come in altri casi, Zio Paperone non è un solo personaggio, sono molti personaggi diversi. Uscendo su un fumetto periodico nel corso di varie generazioni, e dalla penna di svariati autori, ha subito una evoluzione, così che ad esempio il Paperone di Guido Martina o quello di Giuseppe Perego sono totalmente diversi da quello odierno. Persistono sempre i caratteri di avarizia e cupidigia, ma diciamo che nel corso degli anni il suo modo di fare, specialmente verso Paperino, è stato molto ammorbidito, forse anche troppo.

La versione di Perego, come quella nelle vignette sopra, mi fa sempre spanciare dalle risate, ma a un livello più profondo il mio amore per questo personaggio è nato con Don Rosa e la sua Saga di Paperon de’ Paperoni (The Life and Times of Scrooge McDuck).

Si tratta di una raccolta di racconti consigliata a tutti: in una serie di episodi narra la vita di Zio Paperone, da quando era bambino fino a “oggi” (per modo di dire, dato che il suo presente si muove sempre insieme al nostro).
Ciò che mi coinvolse e mi commosse, quando la lessi per la prima volta, è in particolare il numero di fallimenti a cui Paperone va incontro prima di riuscire ad imbroccare finalmente la strada giusta e a diventare ricco, e il suo non arrendersi mai di fronte alle vicissitudini. È un papero disposto ad abbandonare la sua famiglia e il suo Paese per emigrare in cerca di fortuna, e che fallisce ripetutamente. In più, quando ha l’opportunità di tornare in Scozia, finalmente ricco, scopre di non poter più far parte di quella realtà: le sue esperienze in giro per il mondo lo hanno ormai reso uno straniero nella sua terra natia, ha perso quelle abitudini, quella mentalità. Non riesce più a comprendere i suoi conterranei rimasti in patria, e loro non capiscono lui.
Come non immedesimarsi nelle sue speranze, nei suoi sforzi, nelle sue vittorie, nelle sue sconfitte? E nella sua solitudine.
Il Paperone di Don Rosa è un’opera d’arte, non solo perché ben disegnato, ma anche perché percorso da una vena filosofica che ci spinge a interrogarci sulla nostra vita.

Persino alcune storie “fuori saga” dello stesso autore, mi hanno colpito profondamente, in primis “Il sogno di una vita”, sicuramente la mia storia preferita di sempre dedicata a questo personaggio. Non è molto lunga e non voglio rovinarvela, se ne avete l’opportunità leggete anche quella.

Menzione d’onore anche per “Zio Paperone e l’ultima slitta per Dawson” e “Cuori nello Yukon”, di altissimo livello a loro volta.

Sulle ali dell’entusiasmo, quando nel 2018 seppi che finalmente sarebbe uscita una nuova collana dedicata a Zio Paperone, inaugurai la mia prima collezione Disneyana dai tempi delle scuole elementari. Per anni, a intervalli regolari, i miei mi mandarono gli ultimi numeri usciti, e la loro lettura divenne un rito.

Tuttavia, come ho detto sopra, Paperone è in realtà molti Paperoni. Con il passare del tempo mi resi conto di quanto il personaggio, estrapolato da un racconto organico come quello di Don Rosa, possa rivelarsi in realtà molto povero, ironia della sorte. Da qualche mese, dopo aver raggiunto quasi 100 numeri, ho deciso di interrompere l’acquisto. Paperone è usato sempre nella stessa maniera, sempre contro gli stessi nemici, e fa perlopiù sempre le stesse cose. Si leggono le prime tavole di un fumetto, si vedono i Bassotti, Amelia, Rockerduck e bene o male già si sa come andrà il racconto e in quale maniera terminerà.

Negli ultimi anni molti miei coetanei (o anche senior) hanno iniziato a difendere i fumetti Disney a spada tratta, come fossero fulgidi esempi di profondità. Questo è vero solo in parte: alcune storie possono considerarsi tali, ma esiste poi un mare di mediocrità che di profondo non ha proprio nulla. Inoltre, a differenza del passato, il Paperone odierno, edulcorato, spesso non ha nemmeno quella esilarante verve di un tempo. È troppo buono. Insomma, le vicende sono prevedibili e non si ride nemmeno.

Di certo la Disney italiana alcune storie non può proprio riproporle, nonostante il trafiletto, figlio dei nostri tempi, nei quali specifica che alcune rappresentazioni negative e stereotipi contenuti nelle storie potrebbero offendere qualcuno, e sono sbagliate, ma non vanno dimenticate e bla bla bla. Ma allora perché continuare a comprare la collana? Infatti ho smesso.

Tuttavia, un’altra considerazione mi ha portato ad allontanarmi progressivamente da Paperone: con il passare degli anni ho iniziato a comprendere sempre meno questa sua ossessione per le avventure.
Paperone è sempre in movimento, e in un fumetto così deve essere, altrimenti sparirebbe. Tuttavia, preso come un personaggio in qualche modo coerente, non riesco più a immedesimarmi in qualcuno perennemente insoddisfatto di quello che ha e alla continua ricerca di qualcosa. Persino interpretando la sua avidità come sete di esperienze, persino considerando il suo amore per i soldi come affetto per ciò che le monete rappresentano, vale a dire il suo passato e i suoi ricordi, faccio ormai fatica a capire come qualcuno ricco come lui, sia materialmente sia mentalmente, sia incapace di fermarsi a contemplare quanto fatto e a riflettere sul “Dopo”.
Lo ripeto, la ragione “esterna” è ovvia: è un personaggio di fantasia, non morirà mai, ergo deve continuare a vivere vicende. Tuttavia quella profondità che mi aveva conquistato anni fa non può essere ritrovata in questo “Paperone eterno”. La preziosità della sua vita nella Saga di Don Rosa, delle sue esperienze, è tale proprio perché quelle esperienze poi passano e non tornano più.
Il nostro passato ci ricorda che siamo mortali e siamo anzi già morti molte volte nella vita: il bambino è morto al ragazzo, il ragazzo è morto al giovane adulto, il quale poi ha lasciato posto all’adulto, quindi alla mezza età. Nel mio caso siamo arrivati qui.

Chiaramente Don Rosa non fa morire Paperone, non potrebbe mai farlo, ma il Paperone alla fine della Saga ha il rimpianto di occasioni perse, di vite non vissute. Ricorda il padre, la madre. E noi eravamo con lui mentre viveva quel passato, eravamo lì quando ancora poteva compiere scelte diverse, eppure non lo ha fatto. E quindi guardiamo a noi, alle scelte che abbiamo compiuto noi, e ci chiediamo: abbiamo fatto bene? Poteva andare diversamente? Sarei stato più felice? Oppure la felicità è altrove?

Tutto ciò non esiste nel comune Paperone “episodico”: chi se ne importa se fallisce? Ci sarà sempre la prossima storia. L’eternità banalizza la vita.

Forse sono andato troppo oltre. L’eternità di personaggi come lui è anche rassicurante: Zio Paperone è sempre lì, e se tra cinquant’anni mi mancherà, saprò dove ritrovarlo. Ma lo Zio Paperone di Don Rosa resterà per sempre nel mio cuore, e sarà oggetto di periodiche riletture. Nei momenti più bui mi ricorderà che un piccolo papero scozzese armato solo di determinazione e buona volontà, è riuscito a realizzare la vita che desiderava, e mi ricorderà come questo lo abbia fatto crescere, ma anche quanto gli sia costato.